ANALISI - Npl, unlikely-to-pay tengono banche in purgatorio anche se ciclo migliora
La discesa del flusso di nuovi crediti deteriorati ai minimi dal 2008 sullo sfondo di una modesta ripresa economica allenta solo in parte la morsa nella quale le esigenze di nuovi accantonamenti su crediti tengono stretti i bilanci bancari. A tenere in scacco il sistema resta infatti lo stock da 130 miliardi di euro delle inadempienze probabili o 'unlikely to pay' (UTP), la cui migrazione a sofferenza continua ad alimentare le rettifiche su crediti. "L'impatto maggiore sul costo del rischio viene sempre dalla migrazione degli unlikely-to-pay a sofferenze," ha spiegato presentando i risultati 2016 di UBI l'amministratore delegato Victor Massiah. "E' questo è il grosso salto in termini di coperture aggiuntive". Dopo 107 miliardi in accantonamenti per perdite su crediti tra il 2012 e il 2015, le sofferenze delle banche italiane a metà dello scorso anno risultavano svalutate del 59%. Per contro le inadempienze probabili erano svalutate in media solo del 28,3% secondo Banca d'Italia. Da qui l'esortazione degli esperti di settore a intervenire sul "purgatorio degli UTP" prima che la caduta nell'inferno delle sofferenze costringa a un aumento delle coperture. "Gli unlikely-to-pay non tornano performing da soli, serve una gestione proattiva senza la quale una rilevantissima porzione è destinata a diventare sofferenza," avverte Katia Mariotti associate partner di PwC. Tuttavia, spiega, non e' sempre facile mettere a fuoco quali siano i problemi e cercare una risposta con la rapidità necessaria a "evitare che nel frattempo il problema sia diventato un altro e peggiore." "Ci sono casi, tuttavia ancora pochi, di banche che questo l'hanno capito e stanno iniziando ad agire di conseguenza, modificando la propria struttura organizzativa, dotandosi delle giuste competenze ... sia interne che esterne." Secondo Massiah il tasso di migrazione da UTP a sofferenza di Ubi (MI:UBI ) inizierà a scendere da quest'anno. Equita proietta un rallentamento al 22% da una media del 24% per 2013-2015. "Stiamo pagando (ora) ... il picco della crisi visto nel 2013. E' ancora alto ... ma dovrebbe iniziare a ridursi," sottolinea Massiah. Uno studio PwC non ancora pubblicato effettuato sui bilanci 2015 delle prime 20 banche italiane rileva che il 22% dello stock di inadempienze probabili alla fine del periodo era migrato a sofferenze, un 18% era tornato performing o era stato rimborsato e ben il 56% rimaneva nella categoria degli UTP. CARIGE Tra le banche che hanno deciso di agire sulla massa delle inadempienze probabili per abbassare quel rapporto tra crediti problematici e totale dei prestiti lordi sul quale è fissa l'attenzione del regolatore europeo c'è Banca Carige. La banca genovese ha visto salire il peso dei crediti problematici al 33.8% a fine 2016 e l'Ad Guido Bastianini ha spiegato che a far lievitare la massa dei deteriorati nella seconda metà del 2016 sono stati il settore immobiliare e navale. "E' un valore assolutamente eccezionale ed eccessivo," ha detto l'Ad agli analisti presentando i conti. "(Tuttavia) per le operazioni che abbiamo in corso di gestione, soprattutto del portafoglio UTP, sono molto fiducioso che nei prossimi trimestri possa vedersi una riduzione". Senza porre indugi, lo stesso giorno della presentazione del bilancio i vertici di Carige hanno partecipato a un incontro tra MSC e il Gruppo Messina nel quale si è discusso di un ingresso nel capitale del gruppo navale genovese da parte della seconda compagnia di gestione di linee cargo a livello mondiale. "I gruppi MSC e Messina, grazie anche alla disponibilità manifestata dalla banca, proseguiranno il percorso con l'obiettivo di pervenire a un accordo," hanno dichiarato le società. Per Carige un accordo significa la possibilità di riportare in bonis un prestito da circa 420 milioni di dollari che ha permesso al gruppo Messina di rinnovare la flotta, acquistando otto tra le più grandi navi porta container al mondo con due ordini effettuati alla coreana Daewoo Shipbuilding nel 2009 e il 2012, anni nei quali il settore dello shipping affondava sempre piu nella gravissima crisi in cui versa tuttora. La cura per riportare in carreggiata i debitori scivolati tra le inadempienze probabili include di norma una ristrutturazione del debito e dell'azienda. La difficoltà risiede spesso nel fatto che le posizioni di minore entità - che collettivamente rappresentano la massa degli UTP - vengono di norma gestite dalla filiale locale dove spesso mancano le competenze per elaborare un piano di rilancio del business entrato in difficoltà. "Nella gestione degli UTP le banche sono concentrate ovviamente sui cosiddetti big ticket," osserva Riccardo Serrini di Prelios Credit Servicing, aggiungendo che il supporto di operatori esterni specializzati è essenziale per gestire al meglio la crisi di migliaia di piccole e medie imprese.