Cybersecurity, Clusit: Italia investe ancora poco nonostante 'allarme rosso'
Gli investimenti in sicurezza informatica in Italia continuano ad essere insufficienti rispetto a una situazione ormai quotidiana di "allarme rosso". L'ultimo rapporto Clusit, presentato oggi a Milano, sottolinea infatti come nel 2016 "la cyber-insicurezza globalmente abbia effettuato un 'salto quantico', raggiungendo livelli in precedenza inimmaginabili". In Italia gli investimenti nella sicurezza Ict (tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni), di cui la cybersecurity è solo una parte, sono cresciuti del 5% su anno e sfiorano il miliardo di euro, ma restano "assolutamente insufficienti rispetto al valore del mercato di beni e servizi Ict (pari in Italia a 66 miliardi di euro), e soprattutto rispetto alla percentuale di Pil che oggi viene generato tramite l'applicazione dell'Ict". "Considerato il livello delle minacce attuali ed il loro tasso di crescita, appare francamente sconcertante che in Italia si spenda un solo euro in Information Security (e solo una frazione di questa cifra per attività di cybersecurity) per ogni 66 euro spesi in Ict (pari cioè al 1,5% della spesa in Ict)", si legge nel rapporto. Gli esperti sottolineano come nel nostro Paese il numero di attacchi gravi di dominio pubblico continui ad essere "bassissimo rispetto al totale" per via della scarsa propensione a denunciarli. Nel 2016 il cybercrime si conferma la prima causa di attacchi gravi a livello globale, con il 72% dei casi analizzati contro il 68% dell'anno prima. La percentuale era del 36% nel 2011. Sempre a livello globale, l'aumento percentuale maggiore di attacchi gravi nel 2016 ha riguardato sanità (+102%), grande distribuzione organizzata (+70%) e settore banking/finance (+64%), seguiti da infrastrutture critiche (+15%). (Antonella Cinelli)